La depressione è un disturbo dell’umore, che rientra tra i disturbi emotivi comuni.
L’umore di una persona che soffre di depressione è triste o anche irritabile. Questo punto è di fondamentale importanza perché comunemente associamo la tristezza alla depressione, mentre l’irritabilità e la rabbia, che spesso accompagnano la tristezza, non sempre sono considerati come segnali di un possibile stato depressivo.
L’umore triste è accompagnato anche da modificazioni somatiche (disturbi fisici) e modificazioni cognitive (pensieri negativi) che incidono fortemente sulla capacità di funzionamento della persona.
Esistono diversi disturbi depressivi, che si differenziano per la durata e per la presunta causa.
Come si fa a capire se si è in depressione
La persona che comunemente definiamo depressa è una persona che vive forme di tristezza profonda che minacciano la sua autostima ed alimentano un bisogno di autopunizione.
Chiaramente il soggetto non sempre è consapevole della bassa autostima o del bisogno di autopunizione, ma questi si manifestano in diversi modi:
- la persona non prova interesse o piacere in attività che prima gli interessavano, “non se ne cura più” di attività che prima gli piacevano;
- si sente “giù di corda”, si sente “spento”, si sente “come se non provasse sentimenti”, a volte si sente “ansioso”;
- sono attaccate tutte le aeree importanti della sua vita: il lavoro, le relazioni sociali, il tempo libero;
- si è rapiti da un passato, da pensieri fatti di “se”, “se non”, “se avessi”, “se non avessi” che non permettono di godere appieno di ciò che si vive, di progettare il futuro, di “arrivare da qualche parte”
Tutte queste manifestazioni sono presenti per la maggior parte del giorno e quasi tutti i giorni
Che differenza c’è tra depressione e malessere esistenziale
Le persone che vivono un male esistenziale provano una forma di malessere cronico, sono irrequiete, “non trovano pace”, ma vivono anche momenti di libertà da questo malessere.
Queste forme di sofferenza sono definite depressioni nevrotiche e ciò che le caratterizza e le differenzia da forme di depressione conclamate è la capacità del soggetto di mantenere integre le cosiddette aree di funzionamento, cioè il lavoro, la vita sociale, la possibilità di svolgere attività nel tempo libero. In una parola potremmo dire che le persone che vivono uno stato depressivo nevrotico “producono”.
Nella persona con una depressione conclamata tutto ciò è compromesso perché alla base c’è uno sbarramento verso il divenire, nella depressione nevrotica invece c’è un’apertura al futuro.
Sintomi della depressione
I sintomi della depressione possono essere di due tipi:
- sintomi fisici
- sintomi cognitivi.
Sintomi fisici della depressione
- Forte dimagrimento, non dovuto ad una dieta, o aumento di peso
- Disturbi del sonno: insonnia o ipersonnia
- Agitazione motoria o rallentamento psicomotorio, entrambi osservabili dalle altre persone (da non confondere con uno stato di agitazione interiore o un vissuto di essere rallentato)
- Faticabilità o mancanza di energia.
Questi sintomi possono essere tutti contemporaneamente presenti, o solo in parte, ma sono presenti per la maggior parte del giorno e quasi tutti i giorni
Sintomi cognitivi della depressione
- Sensi profondi di colpa e di autosvalutazione non appropriati ed invalidanti
- Difficoltà di concentrazione, difficoltà a pensare, indecisione
- Pensieri ricorrenti legati alla morte (non solo paura di morire), idee di suicidio.
Differenza tra lutto e depressione
La differenza fondamentale tra lutto e depressione è che nell’esperienza di lutto viviamo principalmente un sentimento di vuoto e di perdita, mentre nella depressione il nostro umore è triste in modo profondo e persistente, ci sentiamo disillusi, e siamo incapaci di provare piacere o felicità.
Nel lutto la tristezza è legata a ricordi o pensieri sul/la defunto/a, arriva ad ondate, e con il passare del tempo diminuisce.
Invece nella depressione l’umore depresso non diminuisce con il passare del tempo e non è legato a pensieri specifici, ma è associato a ruminazioni e pensieri fortemente autocritici verso sé stessi.
Nel lutto l’autostima è preservata, non ci sono pensieri autocritici, se non relativi a comportamenti considerati carenti nei confronti del defunto, per esempio non essere stati vicino abbastanza mentre la persona era in vita, non avergli/averle espresso il proprio affetto.
Nella depressione l’autosvalutazione di sé è centrale, l’autostima è fortemente in crisi.
Nel lutto se pensiamo al voler morire siamo animati da un sentimento di voler “raggiungere” il defunto, mentre nella depressione l’idea di morire è legata al voler porre fine ad una vita considerata inutile, porre fine ad un dolore depressivo diventato insostenibile, porre fine perché ci sente immeritevoli della vita.
Perché si cade in depressione
Le esperienze infantili avverse, soprattutto se molteplici e di diversa natura (perdita di un genitore in età precoce, esperienza di abuso, maltrattamento, malattie ecc) sicuramente sono un fattore di rischio importante per lo sviluppo di uno stato depressivo.
Le esperienze di vita stressanti (crolli finanziari, malattie, lutti ecc) anche in età adulta possono far precipitare in uno stato depressivo.
Fattori temperamentali, come il nevroticismo (instabilità emotiva, pensieri catastrofici).
Parliamo sempre di fattori di rischio e non di cause che sicuramente determinano stati depressivi.
Ciò che accumuna tutti i fattori di rischio o possibili cause è l’esperienza della perdita, non solo materiale, ma anche simbolica (perdita di un senso di sé efficace, perdita della fiducia nell’altro, perdita della capacità di esplorare la realtà ecc)
Come si esce dalla depressione
Per uscire da uno stato depressivo o per evitare che questo si cronicizzi è importante chiedere un aiuto psicologico. Più precoce è l’intervento, più sarà efficace.
E’ molto comune pensare “posso farcela da solo”, “passerà”, ma il decorso verso forme più gravi può essere anche molto veloce, anche 15-20 giorni. Dunque, appena avvertiamo “un peso” nel sostenere la vita quotidiana che perdura nel tempo, appena percepiamo di non provare più momenti di piacevolezza, è utile chiedere un aiuto psicologico.
Molto comune è anche l’intervento integrato, psicoterapeutico e farmacologico, ma spesso può essere più utile solo uno dei due.