Sei più arrabbiato o più addolorato? Come riconoscere le emozioni?

Spesso non riusciamo a rispondere a questa domanda. Come mai? Rabbia e dolore sono emozioni primarie, “di base”, eppure sperimentarle può essere un’esperienza talmente dolorosa che spesso ci confonde.

Ci arrabbiamo per un esame andato male, una perdita, una sconfitta, un errore, un tradimento … stessi motivi per cui proviamo dolore. Ma cosa nasce prima? Poco importa. Ciò che ci interessa è come stanno in rapporto queste due emozioni dentro di noi. La rabbia infatti è spesso una difesa dal dolore.

Le origini della rabbia

Ci sono persone che vivono una vita intera arrabbiati e che prendono a pretesto ogni cosa per esprimere la loro rabbia, dal traffico quando sono in macchina, alla pioggia la mattina.

La causa di questa rabbia ha spesso origini lontane, nelle relazioni familiari dell’infanzia che spesso appunto sono relazioni dolorose. E poi ci sono persone che, di fronte ad un evento traumatico, per difendersi dal dolore restano “legati” alla rabbia scaturita dal trauma, come quello della perdita di una persona cara.

Tutto fisiologico, tutto umano, il punto è che “rimanere” arrabbiati non ci fa andare avanti, non ci fa evolvere e con il passare del tempo questa rabbia può diventare una forza distruttiva nei confronti di se stessi e di chi ci sta vicino.

Kieslowski nel celebre “Film Blu” racconta di Julie (Juliette Binoche), una donna che perde il marito e la figlia di sette anni a causa di un incidente stradale in cui è coinvolta anche lei. Non vedremo mai piangere Julie, anzi sarà la governante l’unica che piange quasi, sembra, “al posto” della protagonista. Julie una volta uscita dall’ospedale, non si ferma mai, rinuncia a tutte le ricchezze, tenta di bruciare le opere del marito, famoso musicista, mangia voracemente la caramella preferita della figlia, cambia casa e quartiere con una tempestività agghiacciante. Sembra non avere mai ripensamenti sul disfarsi di cose e oggetti. Vuole disfarsi anche della sua intimità e così fa l’amore con Olivier, un uomo innamorato di lei da anni, ma solo con l’intento di dare anche se stessa, visto “che hanno preso tutto”.

Julie mantiene la sua indole altruista e generosa e aiuta chi ha bisogno di lei, perché il bersaglio della rabbia è solo se stessa. Non si lascia mai andare nel modo di vestire o nel mangiare perché quando siamo arrabbiati siamo reattivi. Non ha comportamenti manifestamente aggressivi, perché è solo determinata nel suo tentativo di annientare ciò che è stato e ciò che sarà. A un certo punto però Julie si imbatte in un altro grande dolore: scopre che il marito negli ultimi anni aveva un’amante, e che questa donna è anche incinta.

La determinazione di Julie la porta a voler conoscere questa donna, a guardare nuovamente in faccia il dolore, e qui qualcosa cambia. E’ come se la sua rabbia, generata dal dolore, potesse essere fermata solo da un altro grande dispiacere.

A questo punto la protagonista riprende a comporre la musica, che prima scriveva solo per il marito, e si avvicina ad Oliver con cui fa l’amore in modo autentico e non solo per privarsi di se stessa.

Potremmo dire con Kieslowsky che se viviamo nell’ illusione di poter allontanare completamente il dolore che incontriamo nella vita rimarremo schiavi della rabbia mentre se vogliamo essere veramente vivi è necessario accettare la dialettica tra dolore ed amore.