Il film firmato Disney Pixar “Inside out 2”, attualmente presente nelle sale cinematografiche sta riscuotendo grandissimo successo tra i giovani ed i giovanissimi, i quali, come affermano, si riconoscono negli stati d’animo di Riley, la giovane tredicenne protagonista del film.

I giovani empatizzano con lei, soprattutto nella scena in cui Riley sembra avere un “attacco di panico”.

Se pensiamo che siamo in estate e che, nonostante le alte temperature di queste settimane, il film sta attirando tanti giovani in sale cinematografiche al chiuso, capiamo bene quanto è forte la spinta che i giovani sentono verso qualcosa che parli di loro, quanto intenso sia il loro bisogno di essere compresi, rappresentati e riconosciuti.

C’è tra loro chi dice: “Il solo fatto che abbiano aspettato che crescessimo per far uscire il secondo film è una cosa che mi ha toccato il cuore”, riferendosi al fatto che il primo film “Inside out”, uscito circa dieci anni fa, è un film rivolto maggiormente ai bambini.

La protagonista Riley, infatti, nel primo film Inside Out è una bambina, in preda a emozioni “primarie”, gioia, rabbia, paura, tristezza, mentre in Inside out 2, Riley ha tredici anni, è in piena pubertà e scopre emozioni “più complesse” quali, ansia, invidia, noia, imbarazzo e…nostalgia…

Il bisogno / desiderio dei giovani di essere compresi

Ma siamo sicuri che “Inside out 2” aiuti i giovani e i giovanissimi a comprendere meglio sé stessi facendoli venire in contatto con le loro emozioni e che li faccia sentire davvero “riconosciuti” dal mondo adulto?

L’intento qui non è fare una critica al film, ma sollecitare una riflessione oltre, a partire dal film e dal successo che il film sta riscuotendo. Un successo che sta evidentemente nel suo dare voce al bisogno / desiderio dei giovani di capirci un po’ di più delle emozioni che provano.

Le emozioni in Inside out 2

I contenuti del film parlano di emozioni, di processi psichici.

Vi si parla di personalità, negazione, inconscio, ricordi, idea di sé…. senso di inadeguatezza, pubertà…

Eppure, il linguaggio scelto, fatto di immagini iper-colorate, in continuo movimento, di suoni forti, esplosivi ed impressionistici rischiano di rappresentare solo una piccola parte della modalità con cui i giovani vivono i loro “movimenti interni”.

Nella descrizione del processo di crescita e di cambiamento affrontato da Riley, è poco, o per nulla presente una parte che potremmo definire più intimistica, che durante le sfide della crescita ha un ruolo importante e decisivo.

In Inside out 2 fa timidamente capolino la Nostalgia, che potrebbe dar voce a questa parte, ma viene messa subito a tacere e relegata in una stanza con la porta chiusa.

Un film- che più che di animazione, chiamerei “d’azione” – può non dar voce alla nostalgia, ma se parla dei giovani e delle loro emozioni, escludere la nostalgia o vissuti ad essa correlati è “un’azione” in qualche misura rischiosa.

Il film, ripetiamo, è un film di animazione, il cui obiettivo non è certo terapeutico, ma di intrattenimento, ma l’uso dei contenuti che se ne fa sui media  o che ne possono fare gli adulti deve essere particolarmente attento perché rischia di far sentire i giovani ancora più soli e meno compresi

I compiti si sviluppo

I “compiti di sviluppo” che un giovane deve affrontare si riassumono nei seguenti:

  • Instaurare relazioni nuove e più mature con coetanei di entrambi i sessi
  • Acquisire un ruolo sociale femminile o maschile
  • Accettare il proprio corpo ed usarlo in modo efficace
  • Conseguire indipendenza emotiva dai genitori e da altri adulti
  • Sviluppare competenze intellettuali e conoscenze necessarie per la competenza civile
  • Desiderare ed acquisire un comportamento socialmente responsabile

Le difficoltà legate alla crescita fisica, alla identità corporea, alla definizione sessuale irrompono spesso prima che un ragazzo o una ragazza abbiano maturato strumenti psicologici adeguati per poterle affrontare.

Le “soluzioni” che i giovani trovano a tutti questi problemi possono prendere molteplici percorsi che, chiaramente, dipendono in gran parte dalle relazioni con le figure di accudimento primarie, dalle storie personali, dal contesto socioculturale in cui vivono.

Sicuramente l’ansia e la paura, così come il film racconta, sono dimensioni che spesso accompagnano la ricerca di soluzioni ai compiti di sviluppo, ma l’espressione di entrambe le emozioni non è univoca, come può sembrare nel film.

L’attacco di panico presentato nel film è una manifestazione “esplosiva” del vissuto dell’ansia, ma c’è tutta un’altra parte di manifestazioni ansiose che si caratterizzano con il sentirsi impotenti, immobilizzati e che nel film vengono solo sfiorate.

L’ansia può diventare un motore per “fare meglio”, “fare tanto”, come Riley che si allena tanto nello sport per l’ansia di fallire nelle partite e non essere scelta tra le migliori allieve dalla coach,  ma si può anche esprimere attraverso forme di isolamento, ritiro sociale, forme di immobilismo.

Queste espressioni dell’ansia e della paura si possono alternare, confondere e confonderci.

Lo “spiegone” delle emozioni

Fare lo “spiegone” delle emozioni, “spiattellarle” con immagini forti, assimilabili ad una pubblicità, può non rivelarsi utile all’elaborazione delle stesse, anzi può far sentire più soli.

Il film sembra aver sollecitato una reazione “eccitatoria” nei giovani che lo hanno visto; sarebbe interessante capire come gli stessi giovani si sentono dopo qualche giorno che hanno visto il film.

Qualcuno ha scritto che il film parla delle emozioni in chiave pop, ed è per questo che ha avuto successo.

Fare l’elenco delle emozioni che solitamente si provano in una fase di vita, standardizzare i processi emotivi può far sentire molto soli, sia chi si “ritrova” in quei processi, sia chi non si riconosce in quegli stessi.

Nel film, la paura della solitudine è rappresentata come la paura di rimanere senza amici; paura, evidentemente legittima a tutte le età ed ancor più negli anni della formazione, ma la solitudine è solo “rimanere soli”?  Il vissuto di solitudine, soprattutto nei giovani, può nascere dal non sentirsi ascoltati, dal non sentirsi “visti”.

Nel film le immagini sono così lampanti, le differenze tra le emozioni così nette che, paradossalmente, possono provocare confusione e senso di solitudine nello spettatore, perché non tengono conto delle sfumature, della complessità di vissuti.  

O c’è la gioia o c’è l’ansia. Ma non sempre è così; a volte è difficile anche individuare cosa si sta provando.

Dunque, è come se Inside out 2, parlasse dei giovani, “spiegasse” cosa provano, ma non li “vede” nella loro interezza.

Il conflitto in adolescenza

Nella letteratura scientifica si è giunti ad una visione concorde nel ritenere che:

“la dimensione conflittuale della fase evolutiva adolescenziale viene spesso sovrastimata a causa delle difficoltà legate alla crescita fisica e psicologica, che trovano terreno fertile per manifestarsi in forme più evidenti e spesso provocatorie

Cioè, a dire che spesso tutti, quando non sappiamo comprendere le difficoltà, troviamo la “soluzione” facile del conflitto.

Dunque, i giovani possono diventare provocatori perché si sentono in difficoltà e noi adulti, “preferiamo” leggere la fase adolescenziale come un periodo di “conflitti” perché non riusciamo a comprenderne i significati più profondi.

I cambiamenti in adolescenza spesso non assumono forme problematiche. Affinché non sviluppino manifestazioni psicopatologiche o marcatamente oppositive è fondamentale considerarne fattori biologici, psicologici, culturali e sociali nella loro integrazione ed interazione.